“Cos'è la vita, senza la morte? La vita immutabile, incessante eterna? Cos'è se non la morte... la morte senza rinascita?”
Questo romanzo è quasi un pretesto per quanto sia avvincente e coinvolgente, accompagnato dalla potente narrazione di Ursula Le Guin, che si impegna a trasformare Ged non più in compagno di vita, perché ormai lo è già, bensì in un maestro di vita. L'autrice, attraverso le parole di Ged, ci insegna ad apprezzare la vita in un contesto così evocativo che la notte dopo ho sognato di essere anch'io su Vistacuta, a navigare attraverso le acque più lontane alla ricerca di qualcosa, ascoltando e discutendo di qualcosa che non posso capire. Il desiderio di rinnegare la morte, a volte, ci porta a credere in una falsa promessa in cambio di tutto ciò che ci rende vivi, ma la verità che insegna questo libro è unica, universale e bellissima.
Ad ogni frase, ad ogni capitolo, mi accorgo che sono sempre più legato sentimentalmente a questo mondo, a Ged, e all'autrice; già mi mangio le mani quando l'avrò finita, e per quel poco che ho letto posso dire che questa saga sorpassa tutti e rientra tra le preferite in assoluto. È qualcosa di completamente diverso, qualcosa molto lontana dai canoni classici del fantasy, soprattutto in quel periodo storico, ed è un opera troppo sottovalutata, quasi incompresa.
Se avessi letto questo romanzo quando, negli anni passati iniziavo a concepire la morte come evenienza e verità, forse avrebbe in parte allietato le mie notti insonni.
“E forse allora imparerei ciò che nessun atto e nessuna arte e nessun potere può insegnarmi, ciò che non ho imparato mai.”