Ratings1
Average rating3
Quando si segue una collana, come in questo caso, si hanno principalmente due vie: si comprano tutti i numeri e poi si pesca tra i vari numeri di volta in volta cosa leggere, oppure si comperano solo i numeri che realmente interessano. In quest'ultimo caso si fa una scelta oculata in base alle proprie preferenze e tutto finisce bene. Nel primo caso ovviamente c'è il rischio di prendere un sacco di libri che poi effettivamente non hai mai tempo di leggere, ma se sei un vero collezionista non puoi farne a meno.
Ecco probabilmente il mio caso è il secondo e questo libro è stato comperato in quanto seriale della collana; stranamente sono riuscito anche a leggerlo, anche considerando il fatto che il genere cyberpunk non mi ha mai entusiasmato più di tanto.
In ogni caso, Luce virtuale è un romanzo di fantascienza cyberpunk di William Gibson pubblicato nel 1993. È il primo libro della cosiddetta Trilogia del ponte. Il termine “luce virtuale”, ripreso nel titolo, è stato coniato dallo scienziato Stephen Beck per descrivere uno strumento che produce sensazioni ottiche senza l'impiego di fotoni.
La trama è presto scritta: San Francisco, anno 2005. Chevette Washington è una ciclista corriere in un mondo dominato dallo scambio virtuale di dati, si guadagna da vivere consegnando i beni e le informazioni secondo la “vecchia maniera”, per proteggerli dagli hacker. Durante una consegna riesce ad impadronirsi dei suoi occhiali LV. Un particolare tipo di occhiali, in grado di ricreare una realtà virtuale nella corteccia visiva di chi li sta indossando. Chevette non sa che molte persone sono disposte a uccidere per averli. Chevette troverà un alleato in un ex poliziotto, la cui vita è stata distrutta da un attacco hacker; tuttavia la loro strada sarà disseminata da violenze, omicidi e ricatti.
Come dicevo il mondo cyberpunk non mi hai mai affascinato, e l'argomento dalla realtà virtuale, che in quegli anni era un argomento piuttosto all'avanguardia, riletto oggi sa un po' di stantio e vecchio, cosa che per me non dovrebbe mai succedere con un buon libro di fantascienza. La prosa in più non è stata fluida, e ho trovato affascinante solo il mondo che viene tratteggiato, specialmente quello del Ponte con interessanti trasformazioni culturali, politiche e religiose.
Direi per concludere che è un libro senza infamia e senza lode. Sinceramente non lo consiglierei neanche ai neofiti del genere, direi che possa essere destinato a chi desideri collezionare l'opera completa del Gibson.