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Ubik è un romanzo dello scrittore statunitense Philip K. Dick pubblicato nel 1969. Ubik è considerato uno dei migliori romanzi di Dick, nel quale la sua classica tecnica di dissoluzione della trama e dei personaggi è mescolata con una fantasia irresistibile e da una dose generosa di umorismo nero; Philip K. Dick scrisse nel 1974 anche una sceneggiatura per un film che doveva essere tratto dal suo romanzo ma che non fu mai realizzato e il libro che ho letto contiene anche questa.
Il romanzo venne pubblicato negli Stati Uniti al culmine dell'ondata psichedelica, e per lungo tempo è stato ritenuto il prodotto delle esperienze dello scrittore californiano con l'LSD. In realtà Dick provò per una sola volta l'acido, e per quanto alcune scene del romanzo nascano dalle visioni avute in quell'occasione, il libro è prevalentemente costruito dalla fantasia di Dick, alimentata per lo più dalle anfetamine.
La trama è più o meno questa: nel futuro lo spionaggio commerciale è diventato una guerra combattuta con tutte le armi, anche con i poteri paranormali. Telepati, telecinetici, si sforzano di carpire i segreti delle grandi aziende multinazionali. E siccome per ogni offesa si studia una difesa, ecco che per neutralizzare le spie dotate di poteri paranormali si attivano agenzie di neutralizzazione. Una di queste è diretta dall'uomo d'affari Glen Runciter, e per lui lavora il protagonista del romanzo, Joe Chip, un tecnico che intrattiene con Runciter un rapporto di amicizia. Runciter è anche aiutato dalla moglie Ella, deceduta da tempo, ma tenuta in animazione sospesa (la cosiddetta semi-vita) in un moratorium. Runciter e Chip, più una pattuglia di inerziali si trovano a doversi recare sulla Luna per affari, e scoprono troppo tardi di essere stati attirati in un attentato dinamitardo, con il quale Hollis, il proprietario della più importante agenzie di spie psi, intende eliminare il suo più grande avversario. Dopo l'esplosione l'unico morto risulta essere Runciter, e Chip con gli inerziali organizza il contrattacco. Ma presto qualcosa di strano comincia a succedere. Gli oggetti regrediscono: i videotelefoni si trasformano in vecchi telefoni in bachelite, i moderni razzi diventano aerei a elica, le automobili tornano agli anni trenta. Tutto ritorna a un tempo precedente, e una serie di enigmatiche tracce e indizi conducono verso la città di Des Moines.
L'atmosfera allucinatoria e folle del romanzo deriva appunto dall'interferenza di due piani di realtà, uno dei quali in continua trasformazione.
La prima cosa che ho pensato quando ho finito il romanzo è stata “io e Dick, non andiamo d'accordo”, la seconda “l'unico romanzo Dickiano che mi è piaciuto è stato l'uomo nell'alto castello” e l'ultimo “ringrazio Dick per aver scritto un libro (per me) mediocre come gli androidi sognano pecore elettriche? che è diventato il film culto Blade Runner”. Questo romanzo, che a detta di molti, è il suo migliore, mi ha entusiasmato pochissimo e anche se ho apprezzato l'idea che sta dietro alla storia, non mi ha mai reso attivamente partecipe nella lettura, che soprattutto nelle prime parti è stata uno sforzo continuo per andare avanti e portarla a termine.
In effetti continuo a ripetermi che un libro del genere dovrebbe piacermi a priori, perché richiama quasi tutte quelle idee che io considero geniali ed entusiasmanti per un fantastico libro di fantascienza, eppure qualcosa non è andato come doveva e io rimango qui a non capire perché un libro che sulla carta e nelle premesse poteva essere uno dei miei libri preferiti, si è trasformato in un pantano da cui ho fatto fatica ad uscire.
Incompreso.