Un'auto sfreccia a tutta velocità nella notte, diretta verso un molo; una macchia d'ombra circondata da un buio ancora più nero. Il mondo avanza, accelera, romba nello specchietto retrovisore. Poi, d'improvviso, una curva, le ruote perdono aderenza, un burrone si spalanca vorace a inghiottire il veicolo, la superficie del lago esplode nell'impatto. Ora il mondo è sparito e l'oscurità è entrata dentro la macchina. L'acqua ha sfondato il parabrezza, invaso l'abitacolo, riempito i polmoni dei due atterriti passeggeri: un Senatore degli Stati Uniti ed Elizabeth Kelleher, sua ammiratrice ventiseienne. Ora il mondo è pece e, mentre la morte si avvicina, Elizabeth prova a ricostruire gli eventi che l'hanno portata lì, a finire così; a chiedersi perché e rispondersi «non so». In "Acqua nera" Joyce Carol Oates trasforma lo scandaloso caso di cronaca nera del '69 che coinvolse Ted Kennedy - di ritorno da una festa sull'isola di Chappaquiddick perse il controllo della macchina e la sua assistente morì annegata in un lago - in un'inquietante allegoria romanzesca del potere e della politica, raccontandone la ferocia attraverso la parabola tragica di una ragazza idealista costretta a scontrarsi con una realtà ben più cupa dei suoi desideri. Quella di Elizabeth è una storia di ambizione e disincanto, una discesa nel profondo dell'anima umana che, dalle aule dei campus universitari gonfie di entusiasmo, la conduce alle feste dei comitati elettorali sulla East Coast, a un arrivismo spregiudicato appena coperto da un velo di lustrini, fino al crudele epilogo. Joyce Carol Oates modella un'opera ipnotica e angosciante. Un gorgo di pensieri, ricordi ed emozioni nel quale affonda, insieme al lettore, il relitto della morale novecentesca.
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