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Cecità, titolo originale: “Ensaio sobre a Cegueira”, Saggio sulla cecità è un romanzo dello scrittore e premio Nobel per la letteratura portoghese José Saramago, pubblicato nel 1995. In Italia, il titolo è stato tradotto eliminando parte di quello in lingua originale, come sempre, al 99% in peggio, si decide che il pubblico dei lettori sarebbe stato scoraggiato da in più letterale “Saggio sulla cecità”.
Il libro ha un seguito, dove si ritrovano gli stessi personaggi e questa volta si è lasciato il titolo originale: “Saggio sulla lucidità”. I fatti raccontati nei due romanzi sono legati, al punto che Saggio sulla lucidità può essere considerato appunto come il proseguo di Cecità.
La trama richiama molto quei titoli che a me garbano parecchio, tutto quel filone “post-apocalittico” (come La Strada, L'ombra dello scorpione, Morte dell'erba...) dove si narra di un mondo post-qual-che-cosa, di solito pestilenze, guerre atomiche e altre simpatiche amenità, ma qui andiamo ben oltre, qui siamo di fronte ad un capolavoro: in una città mai nominata, un automobilista fermo al semaforo si accorge di essere diventato improvvisamente cieco. Ma la cecità non è nera, bensì bianca, abbagliante. Tornato a casa con l'aiuto di un altro uomo, in verità un ladro, racconta l'accaduto a sua moglie. I due si recano da un medico specialista, dove trovano un vecchio con una benda nera su un occhio, un ragazzino che sembrava strabico, accompagnato da una donna e una ragazza dagli occhiali scuri.
Ben presto, però, la cecità comincia a diffondersi. Il ladro di automobili, il medico, la moglie del primo cieco, sono tutti colpiti dalla strana malattia. La moglie del medico sembra l'unica a non essere contagiata. L'epidemia si diffonde in tutta la città e il governo del paese decide, di rinchiudere i gruppi di ciechi in vari edifici, allo scopo di evitare il contagio. Da qui si scenderà verso un inferno, dove sembrerà non esserci mai fine e le violenze, i soprusi, le disperazioni saranno all'ordine del giorno, fino ad arrivare alla fine anche dei controllori e alla ritrovata libertà in un mondo ormai abitato solo da ciechi.
Quello che colpisce del libro, oltre alla trama aberrante, è lo stile utilizzato da Saramago che prevede prevede l'assenza di tutti i nomi propri per i personaggi, che vengono identificati tramite espressioni impersonali (come la ragazza dagli occhiali scuri, il vecchio con la benda e il ragazzino strabico, e così via). I dialoghi poi non sono introdotti dai due punti, né vengono utilizzate le virgolette. Tutto questo si tramuta in una lettura continua, senza interruzioni, dall'inizio alla fine del testo. Lascia a volte la mente davvero spaesata e tutto questo richiede certamente una lettura molto attenta ma che sarà ricompensata abbondantemente.
Scopro anche che un paio di anni fa è stato tratto un film da questo libro che sicuramente andrò a recuperare, visto anche la presenza di una delle mie attrici preferite (Julianne Moore) e dal fatto che è stato molto apprezzato dallo stesso Saramago.
Possiamo sicuramente affermare che questa storia scruta a fondo nella nostra società, sulle regole che ne stanno alla base e sui rapporti tra le persone, affronta i temi della solidarietà, della sopravvivenza in ambienti estremi: un enorme accusa di come siamo diventati ciechi rispetto alle persone con cui ogni giorno condividiamo la vita.
“La cecità di cui parlo in questo libro in realtà non esiste, è metaforica. A me interessano gli uomini che si comportano da ciechi [...]. Quello che racconto in questo libro sta succedendo in qualunque parte del mondo in questo momento.” (José Saramago)
Un libro da leggere, da avere, da regalare a tutti.
S T U P E N D O