Ratings1
Average rating3
We don't have a description for this book yet. You can help out the author by adding a description.
Reviews with the most likes.
Centomila gavette di ghiaccio è un classico della letteratura di guerra premiato, ma questo risulta alquanto banale e di poco significato rispetto ai contenuti qui presenti, al premio Bancarella del 1963, dopo che questo scritto fu rifiutato per sedici volte da varie case editrici, probabilmente perchè a proporlo sebbene redento probabilmente, era il Badeschi che dopo l'8 settembre 1943 firmò e fece parte della repubblica di Salò; si narra la ritirata della Russia affrontata dalla Divisione Alpini Julia durante la seconda guerra mondiale.
Una storia vera, vissuta in prima persona da Giulio Bedeschi come ufficiale medico, che nel romanzo prende il nome del dottor Italo Serri. L'autore durante l'inverno 1942-1943, ha curato tanti compagni in condizioni disperate senza disporre quasi di nulla, tra ferite purulente, cancrene, sangue. Ha percorso oltre mille chilometri di ritirata a piedi con la neve alta fino alle ginocchia. Accerchiati dai russi, tra ogni sorta di privazioni e assenza totale di riposo, ha assistito al suicidio di chi non ha retto più a quella situazione. La narrazione parte dall'Albania, poi passa alla Grecia, e infine la triste e travolgente storie delle truppe italiane che entrarono in Russia. La ritirata costò, tra il gelo da impazzire (con punte fino a quarantotto gradi sotto zero), i congelamenti, la fame, gli stenti, gli attacchi dell'esercito russo meglio attrezzato e armato, la vita a 114.520 militari su 230.000 che partirono.
C'è da dire che il romanzo è scritto con uno stile che oggi risulta poco leggibile per quanto vetusto e molte volte siamo di fronte quasi ad una propaganda del tutto sbilanciata a favore degli Alpini (per carità nulla a che ridire), ma quasi ne risultano essere indomiti all'inverosimile, quasi dei supereroi senza macchia; sappiamo purtroppo che la guerra è guerra e nessuno ne esce mai innocente, anche se l'eroismo di questi uomini è indubbio sotto ogni aspetto.
Però questo è il racconto di una storia vera, un'odissea per centinaia di migliaia di ragazzi mandati allo sbaraglio. Senza mezzi, mal organizzati, a combattere su di un terreno che non era il loro, le steppe russe non sono propriamente le nostri Alpi. Mesi alla mercè dell'inverno russo e chi riesce a sopravvivere a quell'inferno molto probabilmente tornerà a casa menomato nello spirito o nel corpo.
Uomini e muli rimasti chiusi nella sacca tesa dai Russi durante la ritirata dal fronte, moriranno di stenti, assiderati, uccisi, piegati dal peso di una guerra assurda. Il libro a tratti è molto crudo, tra gli svolazzi di un italiano ricercato, c'è tutta la putredine di quella che è la guerra: amputazioni, ferite laceranti, uomini che mangiano rifiuti, vermi, che uccidono a coltellate i proprio compagni per avere il posto in un isba durante un tormenta di neve, la sporcizia incrostata addosso, i pidocchi, le dita di mani e piedi che si staccano incancrenite dal gelo. Piccoli e grandi atti di eroismo,insieme a tante miserie umane provocate dall'isitinto di sopravvivenza e fatte di meschinità, cinismo, ferocia.
Centomila gavette di ghiaccio, insieme al testo di Mario Rigoni Stern “Il sergente nella neve”, rende un doveroso omaggio alle migliaia di nostri caduti, durante quello che fu l'atrocità della seconda guerra mondiale, un libro assolutamente da leggere, perchè barbarie come queste non accadano mai più.