Il segreto del Bosco Vecchio
Il segreto del Bosco Vecchio
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“Fin che si è piccoli, non ci sono attenzioni che bastino; quando poi si è diventati grandi, si è faticato e si è stanchi, non c'è un cane che ci guardi.”
Il segreto del Bosco Vecchio, pubblicato nel 1935 a Milano, è il secondo breve romanzo scritto da Dino Buzzati. Dal romanzo è stato tratto l'omonimo film diretto, nel 1993, da Ermanno Olmi, con protagonista Paolo Villaggio. Le riprese per il Bosco Vecchio furono girate nella Foresta di Somadida, e la casa del cavalier Morro, e poi di Sebastiano Procolo fu fatta costruire apposta in mezzo al bosco sopra il Passo delle Tre Croci, e poi fu smantellata. Il romanzo di Buzzati è una storia semplice e fantastica, una sorta di inno all'infanzia, ricolma di metamorfosi, sortilegi, magiche coincidenze e metafora del rapporto paradossale che l'umanità adulta ha con la Natura.
Buzzati per me è diventato una garanzia di qualità assoluta e questo libro è meraviglioso. Siamo nel mezzo di una fiaba e di un racconto popolare, un romanzo di formazione e di miti nordici, con la visione di una natura ancestrale incantata e meravigliosa.
La trama del romanzo ha come protagonista il colonnello Sebastiano Procolo, che eredita dallo zio parte delle tenute della Valle di Fondo, il cosiddetto “Bosco Vecchio”, mentre il resto è stato lasciato al nipote dodicenne di Sebastiano, Benvenuto, che vive in un collegio non lontano da Fondo. Ben presto l'avidità del colonnello lo spingerà a desiderare l'intero bosco per poterne sfruttare appieno le risorse abbattendone gli alberi. I genii, custodi secolari degli alberi si opporranno alle sue intenzioni.
Buzzati in questo romanzo ha dato voce al bosco, agli animali e al vento con incredibile maestria. I veri personaggi del libro secondo me sono i genii, il vento Matteo (su tutti il migliore), la gazza guardiana, il bosco stesso: universo vivo e palpitante e non sfondo su cui si muovono i personaggi. Ne esce una storia che è come una fiaba che racconta della paura di mostrarsi davvero per ciò che si è e di quel magico periodo dell'infanzia che precede la caduta delle illusioni e dell'innocenza col passaggio ad un'altra età.
“Poveretti anche loro, non ne avevano colpa. Avevano finito di essere bambini, non se l'immaginavano neppure. Il tempo era passato anche sopra di loro e non se n'erano affatto accorti. A quell'età si guarda avanti, non si pensa a quello che è stato. Ridevano spensieratamente come se nulla fosse successo, come se tutto un mondo non si fosse chiuso dietro a loro.”
Ritroviamo in questo breve romanzo le tematiche ricorrenti nella produzione di Buzzati: l'angosciosa ricerca di un senso della vita, l'irrazionale ossequio a una regola inconoscibile e tirannica, luoghi metafisici, immagini simbolo della solitudine e della impossibilità di sfuggire al proprio destino, l'inesorabilità dello scorrere del tempo; ma anche altre tematiche più particolari: la sacralità della natura, il passaggio dall'infanzia alla maturità, dalla fantasia alla razionalità, la caduta e la redenzione.
Dino Buzzati è bravissimo, il romanzo, in cui il tempo sembra essere fisso, scorre velocemente in modo semplice, diretto, fantasioso ed è ricco di considerazioni di fondo sull'esistenza umana. Esce prepotentemente dalle sue parole una sorta di malinconia dell'infanzia, il periodo più fantastico e pieno di magia che un bambino può vivere nella sua intera vita.
La storia del Bosco Vecchio, con tutta la sua magia d'altri tempi, con tutta la sua dolcezza filtrata da una scrittura così semplice e sentita è di quelle che rimangono nel profondo del cuore e lo scaldano nei momenti più bui e freddi, con un finale meraviglioso.
Da leggere ai propri figli. Da regalare ad un amico.