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Smettiamo un atteggiamento per non perdere il rispetto degli altri, evitiamo di frequentare una persona interessante perché temiamo il giudizio dei nostri amici, accettiamo un posto da impiegato perché abbiamo paura che la carriera desiderata sia un'irraggiungibile assurdità, rinunciamo a corteggiare l'estranea con cui condividiamo il vagone ferroviario per paura di un rifiuto, ci costringiamo a vedere i giusti film, indossiamo i vestiti adeguati, ci conformiamo fino all'infelicità: perdiamo noi stessi per non perdere i nostri averi e il nostro ruolo.
L'arte di non avere niente è una filosofia che ha come idea di base un'idea semplice ma allo stesso tempo potente, e soprattutto, completamente innaturale per una persona che vive nella nostra società capitalistica.
Non è libro pratico, non ha a che fare con il minimalismo, l'autore si focalizza sui vari aspetti del “possesso” e su come ogni giorno influenza le nostre vite, e per far ciò si basa sulle vite di grandi scrittori (e i loro personaggi), come Jack London, Marcel Proust, Kafka, Dostoevskij. Mi ha fatto riflettere molto.
Se diventiamo solo quel che possediamo, perdiamo irrimediabilmente la nostra umanità.