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Una storia che si legge in un pomeriggio, magari piovoso come questo in cui sto scrivendo, con una predisposizione d'animo malinconico e pensieroso, dove si accoglie volentieri un abbraccio morbido come può esserlo quello di un gatto acciambellato sulle gambe.
Si vede l'attaccamento dell'autore suo gatto Zorba (morto prematuramente) e la dedica ai figli la dice lunga su quanto un uomo o una famiglia possa considerare un animale come parte di essa. Un tributo, un ricordo ad un gatto a cui si è voluto bene, emozioni che per un romanziere di professione è facile trasformare e trasmettere ad una pagina, fino a diventare storia e condividierle con il lettore.
Favola che intenerisce, fa sorridere e commuove nel finale, che insegna e punta il dito anche sull'ambiente che ci circonda e sui nostri errori che si ripercuotono sulla natura in cui tutti viviamo.
Bellissima la frase che sintetizza molto questa storia e cioè che “vola solo chi osa farlo”, una parabola che spinge ad inseguire un sogno e a realizzarlo, perchè niente probabilmente è impossibile: anche un gatto può insegnare a volare ad una gabbianella.
Troppo candido ed ingenuo? Probabilmente sì, ma va letta come una fiaba dedicata ad un gatto e a dei bambini che lo amavano. Limitiamoci a questo.