Come la meditazione insegna la felicità
Se nel XX secolo la violenza ha sprigionato tutto il suo potere distruttivo in due guerre mondiali che hanno provocato milioni di morti, nei decenni inaugurali del Terzo millennio sembra aver assunto nuove forme, forse meno cruente ma altrettanto devastanti. Fra le principali cause di queste tragedie che si stanno consumando sotto i nostri occhi, Sua Santità il Dalai Lama individua la mancanza di quell'altruismo - o meglio, di quell'«assenza di sé» - che invece il buddhismo insegna e pratica per condurre ogni individuo alla piena realizzazione delle proprie potenzialità e aiutarlo a conseguire l'illuminazione, il suo stato spirituale più elevato. È l'illuminazione, quindi, il nostro vero obiettivo, che può essere raggiunto percorrendo le tracce sapientemente indicate dal Buddha: saggezza, concentrazione meditativa, condotta morale, soprattutto se esaltate dalla compassione. Quest'ultimo sentimento, sottolinea il Dalai Lama, va ben oltre l'empatia, poiché si estende all'impegno in prima persona ad alleviare le sofferenze del prossimo e di ogni essere senziente, senza limiti spaziali. In tal luce, diventa anche più chiaro come possiamo intervenire sulle nostre afflizioni mentali, trasformando gran parte dei sentimenti negativi e autodistruttivi in atteggiamenti aperti e positivi, che sono fonte di serenità e benessere non solo per noi ma per tutti coloro che ci circondano. Ricche di aneddoti personali e di acute riflessioni, queste pagine presentano del Dalai Lama un'immagine inedita: oltre che massima guida spirituale del buddhismo tibetano, premio Nobel per la pace, leader politico e personalità internazionale, anche studente alla continua ricerca della felicità, che - ci ricorda - è frutto di una disposizione interiore, ma è piena solo se condivisa.
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