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WOW. Ok... Libro completamente assurdo e variegato, sia nelle tesi che come esse sono esposte.
Bisogna chiarire che nonostante il titolo il libro faccia intendere in realtà il tema portante è ben altro: il conformismo e la vanità. Ma poi il discorso si dirama in varie direzioni, alcune di carattere puramente filosofico ma molte più propriamente legate alla sociologia e all'antropologia. Come ho scritto sopra i temi sono tanti e nonostante le poche pagine di cui si compone questo testo in realtà gli argomenti sono trattati con quantità di elucubrazioni tali da sorreggerli in maniera abbastanza convincente anche se a volte troppo sintetizzate.
Fernando Gonzalez era un gran fan dell'individualità, a livelli quasi Stirneriani, e vedeva nei rapporti umani solo vanità cioè la necessità di mostrarsi agli altri. Quindi prende come esempio personaggi autoritari come idoli di questa indivualità, la forza personale che si erge al di sopra delle difficoltà. Uno su tutti Bolívar. Gli accostamenti con antecedenti filosofi sono del tutto azzeccate, però la distinzione fondamentale è l'ottica e il contesto. L'uomo forte, indivualista, per Fernando Gonzalez deve rappresentare un idolo imitabile per la gente ed ecco perché, verso la fine, spunta fuori la teoria politico-sociale del anarco-autoritarismo, che più tardi evolverà nei suoi scritti giornalistici in anarco-totalitarismo. Un leader totale che abolisca le istituzioni che limitano l'autonomia delle persone, una su tutte la scuola (che egli definisce come “buona solo a insegnare le leggi e insegnarci ad ubbidirle”), e garantisca la totale anarchia individualista sotto il suo regno. Più, paradossalmente il supporto per le social democrazie senza rinnegare questo suo anarchismo individualista. Insomma già detto così pare un caos di idee. Lo è. Proprio perché l'autore non si ritrova in nessuna scuola di pensiero convenzionale e ha un opinione fuori dagli schemi su ogni frangente, spesso queste paiono contraddittorie. Il lettore deve fare un po' di sforzo per lasciare ogni considerazione logica da parte e abbandonarsi a pensare all'interno di nuovi paradigmi. Pena non comprendere il nocciolo del pensiero dello scrittore di Envigado. Altra cosa stupefacente è il discorso sulla razza, assolutamente originale per un latino americano nel 1936: la ricerca dell'identità meticcia e nativo colombiana come base di identità comune. Avanti decadi!
Dall'altra parte un amore incondizionato per la dottrina Monroe e gli Stati Uniti, da un lato dipinti come protettori assoluti dell'autonomia sudamericana (quanto si sbagliava!), ma anche odiati perché dall'altro colpevoli di corrompere i governi democratici Colombiani in cambio di risorse naturali. Anche qui contraddittorio. Come già detto, fuori dalle righe. Si ha l'impressione di non sapere che cosa dirà nella pagina seguente, come ribalterà tutto il discorso.
Insomma il libro mi è piaciuto, però ecco, il sapore che mi ha lasciato alla fine, è che rappresenti un po' un Bignami di altri suoi libri più complessi che devo ancora leggere, in vari punti l'autore stesso fa riferimento all'aver scritto alcuni passaggi in altri precedenti libri. La sensazione è che lo scopo fosse piuchealtro approfondire alcune tesi e non tanto esporle e per questo non mi sento di dare un voto alto al tutto, nella speranza di trovare più sostanza nei suoi libri più lunghi e celebri che leggerò in futuro.
Però un 3 e 1/2 non glielo toglie nessuno.