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In this "closely observed study of madness, memory and storytelling" the delusional Dennis Clegg, aka Spider, returns to his London neighborhood after 20 years in a mental hospital and insists that his father, not he, murdered his mother.
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Lento, lento, lento. Scopo dell'autore credo che sia quello di coinvolgere il lettore in una spirale di paranoie, incubi e allucinazioni per portarlo da un inizio dove tutto sembra essere normale, a un finale dove tutto è allucinazione e schizofrenia. Solo che secondo il mio modesto parere, non solo non riesce nell'intento ma porta a una noia che solo le poche pagine del libro non convince il lettore ad abbandonare la lettura. Si va avanti navigando in mezzo agli incubi del protagonista, scendendo con lui nel suo inferno personale, il problema è che si scende senza arrivare a sbattere il grugno da nessuna parte, anche il finale non regala nulla e sinceramente non sembra neanche un finale. Un'accozzaglia di pensieri deviati, buttati insieme e lanciati lì “alla speriamo che io me la cavo”; non so se tale delusione sia derivata dopo aver letto quel capolavoro di “Follia” che mi ha folgorato sulla via di Damasco, tanto di far salire questa sua seconda opera alla ribalta del mio comodino saltando a piè pari tutti i miei libri che già avevo deciso di leggere. La seconda stella è per la scrittura, quella merita non si può dire niente, lo stile è vibrante e descrittivo come in “Follia”, anche l'ambientazione fa benissimo il suo lavoro di trasportarci nella Londra del dopo guerra, cambiando scenari (sempre cupi e malinconici) come in un buon palcoscenico di teatro. Per adesso rimando l'autore a settembre, sperando nelle prossime opere che ho già comprato ma che purtroppo sono finite in coda alle mie letture.