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A malincuore non assegno a questo breve libro il massimo dei voti.
Per le prime 50 pagine se le merita, perché l'autore riesce ad essere preciso e incisivo ma soprattutto libero da preconcetti: si mettono in luce le affinità e divergenze del futurismo con il fascismo ma anche con l'anarco-sindacalismo, il bolscevismo, i partiti nazionalisti. Il tutto seguendo la strabiliante parabola che ha portato Marinetti da antipassatista ad accademico d'Italia; tradendo i suoi ideali ma probabilmente salvando il futurismo dall'essere categozzato “arte degenerata”, come in Germania Nazista. Una volta concluso il capitolo si passa ad una decina di pagine sul futurismo meridionale che ho trovato completamente inutili perché composte quasi totalmente da sfilze di nomi e di poco legame con il tema politico. Segue una lunga analisi del percorso fascista di Sironi. Qui la scrittura di Perfetti diventa molto pesante perché, al contrario del primo capitolo, egli si dilunga ed esce più volte fuori tema. Si ha l'impressione che il focus si sia perso dopo pagina cinquanta e che questo terzo capitolo parli più di fascismo che di futurismo.
Posto ciò e anche alla luce anche di tutti questi difetti, ho apprezzato comunque molto di più questa agevole lettura che il libro sul medesimo argomento di Emilio Gentile (per quanto questa affermazione possa sembrare un eresia). È più imparziale, meno ripetitivo, offre spunti più interessanti.
Se lo trovate a poco non fatevelo sfuggire.