Leggere questi racconti è stato rinfrescante dopo il quarto libro della saga, anche se ormai trovo sia quasi ingannevole il fatto che si ci riferisca a Terramare come un'opera unica coesa e ordinata, perché in realtà è tutt'altro. Non solo quasi nessuno dei romanzi è stato pensato in anticipo, ma si ha anche la sensazione che la Le Guin sia tornata nel mondo di Terramare senza mai preoccuparsi troppo di trama o coerenza, concentrandosi sui messaggi e la poetica, nonostante il fatto che questa raccolta narra storie molto interessanti. La narrazione della Le Guin è sempre ritmata, onirica e a volte molto emozionante.
Il primo racconto parla di uno dei fondatori della scuola magica di Roke e oltre ad essere una storia ben narrata e strutturata, è in parte una critica nei confronti dell'avidità e l'arroganza umana, dato che per la prima volta ho letto nelle sue storie elementi più deprimenti, cinici e “umani”, come la schiavitù, la paura del diverso, l'abuso di sostanze e la vendetta.
Il secondo racconto l'ho amato perché con semplicità parla del Dubbio, di quel “cosa farò da grande?”, seguire il proprio talento, il proprio retaggio o le passioni? La risposta è quasi scontata, ma il racconto è molto tenero e carino.
Il terzo è il racconto che mi ha comunicato di meno, tratta –in maniera simile ad altri suoi scritti– del ruolo femminile, spesso sottovalutato o incompreso.
Nel quarto riappare Ged in una storiella che mi ha colpito perché inizialmente molto misterioso e particolare. Qua più che in altri racconti Le Guin rievoca sentimenti e ambientazioni bucoliche, con tetre connotazioni e un messaggio finale orientato al perdono e al cambiamento.
Il quinto riprende il tema della femminilità nella magia, ed è il più importante perchè introduce il libro successivo, e gli eventi che sono il preludio dell'ultimo libro scritto nel mondo di Terramare.
In complesso è un altro libro che ho adorato (e divorato).
Il primo primo King
Se inizialmente l'ho adorato, verso la fine sono stato insofferente. Non tanto per il concept molto accattivante e coinvolgente, ma per la sua formula d'intrattenimento, che alla lunga stanca. In più la mancanza di un quadro tecnico dell'ambientazione distopica, e alcune scelte dell'autore nella parte finale del romanzo minano molto la credibilità della storia.
Però mi ha saputo intrattenere quasi sempre, i personaggi si fanno conoscere e apprezzare, è scritto decisamente bene, e sicuramente darò altre occasioni a questo autore! Promosso
Ma che finale è?! Ci voleva un finale come si deve :(
“Il modo in cui ricordiamo cambia il modo in cui abbiamo vissuto. Il tempo scorre in entrambi i sensi. Facciamo storie delle nostre vite.”
Under Heaven (La Rinascita di Shen Tai in italiano, scelta infelice) è il libro che mi aspettavo dall'autore di Tigana. Un romanzo ambientato in un'epoca e in luogo estremamente distanti e perciò affascinanti ai miei occhi, pur amalgamando all'ambientazione elementi fantasy: “fiction done as near-fantasy” come la definisce l'autore stesso.
In breve in questo libro c'è tutto ciò che un lettore come me vorrebbe: una trama imprevedibile che ti sorprende capitolo dopo capitolo, personaggi affascinanti (che a volte mi hanno insegnato pure qualcosa), una prosa poetica e scorrevole (anche se sempre in traduzione mi è piaciuta di meno rispetto a Tigana).
Tuttavia ciò che mi ha colpito maggiormente sta proprio in alcuni dettagli: la cultura cinese, gli usi e i costumi mi hanno spinto a sviluppare un vero e proprio interesse. Inoltre, la filosofia di fondo del libro e le storie personali dei personaggi pur nel loro piccolo mi hanno profondamente toccato.
Ho scritto ulteriori pensieri qui: Pensieri su Under Heaven di Guy Gavriel Kay
“Cos'è la vita, senza la morte? La vita immutabile, incessante eterna? Cos'è se non la morte... la morte senza rinascita?”
Questo romanzo è quasi un pretesto per quanto sia avvincente e coinvolgente, accompagnato dalla potente narrazione di Ursula Le Guin, che si impegna a trasformare Ged non più in compagno di vita, perché ormai lo è già, bensì in un maestro di vita. L'autrice, attraverso le parole di Ged, ci insegna ad apprezzare la vita in un contesto così evocativo che la notte dopo ho sognato di essere anch'io su Vistacuta, a navigare attraverso le acque più lontane alla ricerca di qualcosa, ascoltando e discutendo di qualcosa che non posso capire. Il desiderio di rinnegare la morte, a volte, ci porta a credere in una falsa promessa in cambio di tutto ciò che ci rende vivi, ma la verità che insegna questo libro è unica, universale e bellissima.
Ad ogni frase, ad ogni capitolo, mi accorgo che sono sempre più legato sentimentalmente a questo mondo, a Ged, e all'autrice; già mi mangio le mani quando l'avrò finita, e per quel poco che ho letto posso dire che questa saga sorpassa tutti e rientra tra le preferite in assoluto. È qualcosa di completamente diverso, qualcosa molto lontana dai canoni classici del fantasy, soprattutto in quel periodo storico, ed è un opera troppo sottovalutata, quasi incompresa.
Se avessi letto questo romanzo quando, negli anni passati iniziavo a concepire la morte come evenienza e verità, forse avrebbe in parte allietato le mie notti insonni.
“E forse allora imparerei ciò che nessun atto e nessuna arte e nessun potere può insegnarmi, ciò che non ho imparato mai.”
“Pressioni e forze sono sempre in opposizione. E la lotta tende sempre verso l'equilibrio. Tutto questo è, naturalmente, al di là degli dei. Così è il corso dell'esistenza. Anzi no, è al di là anche di questa, poiché l'esistenza stessa è contrastata dall'oblio. È una lotta che abbraccia ogni cosa [...]. Alla vita corrisponde la morte. Alla luce, l'oscurità. Al successo travolgente, il fallimento catastrofico. Alle maledizioni, le benedizioni. Pare che tutti gli uomini tendano a perdere di vista tale verità, soprattutto se accecati da un trionfo dopo l'altro.”
Casa delle Catene è caratterizzato da intense vicende familiari, segnate dalla vendentta, dalla ricerca di un ricongiungimento, da redenzione o dalla ricerca di qualcuno per cui vivere. Senza però quell'epicità raggiunta nel terzo capitolo, ma non per questo è un libro peggiore, anzi in virtù non solo dell'eccezionale ironia, ma degli insegnamenti e riflessioni dell'autore sulla religione, sulla vita e su ciò che conta realmente, Casa delle Catene, lo ritengo il migliore tra i quattro libri letti fin'ora. Senza dimenticae quella peculiare sensazione di scoperta e sense of wonder, che si prova scavando nella backstory del mondo, o quando si attraversano i luoghi incredibili partoriti dall'immaginazione dell'autore. Inoltre, c'è il miglior prologo che abbia letto fin'ora.
Ho dato il punteggio massimo perché questo romanzo mi ha divertito molto, nonostante qualche fastidio dovuto ad un paio di difetti. È stato piacevole iniziare con la prima lettura dell'anno che si scopre frizzante, leggera e rigenerante. Mi sono affezionato ai personaggi, ho finito il libro con la voglia di sapere quante altre avventure hanno in serbo i Bastardi gentiluomini.
Un libro squisitamente divertente, che ribalta clichè del genere per sfruttarli come intelligenti espedienti narrativi, con una storia coinvolgente e ben ritmata, con personaggi simpatici e spesso comici. Il tutto accompagnato da una grande satira politica e sociale di fondo. Un approccio incredibilmente efficace per trasmettere messaggi concreti e attualissimi. In conclusione, la consiglio a tutti perché oltre ad essere un libro divertente e leggero, offre moltissimi bei spunti.
“Non costruire mai una prigione nella quale non saresti contento di passare tu stesso la notte”, per rimanere su un tema molto attuale.
“C'è gente che seguirà qualsiasi drago, venererà qualsiasi dio, tollererà ogni iniquità. Tutto a causa di una specie di monotona cattiveria quotidiana. Non la malvagità veraente alta e creativa dei grandi peccatori, ma una specie di oscurità dell'anima massificata. Si potrebbe definirlo peccato senza una traccia di originalità. Accettano il male non perché dicono sì ma perché dicono di no.”
“Certe persone nascevano sfortunate. Altre avevano la possibilità di cambiare il mondo. A quanto pareva, lei apparteneva a entrambi i generi.”
Io credo che Guy Gavriel Kay abbia un vero talento nello scrivere, o meglio, in tutte le mie letture non ho mai letto nessuno che mi abbia fatto emozionare come questo autore, e più leggevo, più mi rendevo conto che non era tanto la storia in sé ma il modo in cui raccontava le cose. Come un mago, infonde a giuste dosi di romanticismo, eros o talvolta tristezza nelle sue frasi, mentre le scene, così evocative, quasi come se ammirassi un dipinto impressionista, sono frutto di una creatività che mi ha fatto sognare la notte.
Tigana racconta di una storia molto intensa portata avanti da un gruppo di personaggi molto semplici e umani, fragili ma allo stesso tempo forti, tutti accomunati da un amore grande: chi per la patria, chi per il proprio amato, chi per l'avventura e la musica... insomma l'amore in queste pagine mi ha commosso molte volte.
La particolarità di questo romanzo è proprio che in poche centinaia di pagine ci permette di percepire il vissuto e comprendere questi personaggi.
Non mancano trovate intelligenti, battute creative, scene stimolanti e combattimenti ansiogeni. È un romanzo high fantasy ma non è incentrato sulla magia, nonostante sia il motore degli eventi stesso.
A volte esagero, però per ora sono convinto che sia uno dei romanzi fantasy migliori che abbia mai letto.
Questo è stato un fantastico primo approccio alla letteratura cyberpunk. I racconti, specie quelli iniziali, sono densi di dettagli di un mondo spinto all'estremo ma ancora squisitamente anni 80, con luci al neon, delfini cyborg e sequenze alla Tron. Ogni racconto tocca temi e ambientazioni molto diversi (e classici). Si va dalle egemonie politiche delle grandi corporate a silenziose invasioni dei bar, passando per il primo contatto alieno fino al transumanesimo. Da questo punto di vista è una raccolta ricchissima e molto varia a livello tematico, peccato per lo stile dell'autore a volte troppo dispersivo.
Caratteristica pressoché generale della raccolta è l'inquietudine e la malinconia di personaggi persi in una società folle, dove i sentimenti umani si perdono in un mare di ingranaggi e conquiste effimere. Perché il progresso tecnologico, nella raccolta, è vissuto come decadenza e raramente come una vittoria.
“Cos'è il genio?” È fantasia, intui- o più brevemente, Sir Terry Pratchett.
Un libro profetico, provocatorio, sovversivo, blasfemo, filosofico, a tratti un film d'azione di 007 e ricorda vagamente un film tratto da un libro di Stephen King.
Un romanzo però non adatto a tutti, ma che viene in aiuto ai Giovani Illetterati o ad Americani con spiegazioni a piè di pagina. Un libro biblico, un apocrifo vangelo, non famoso quanto la Bibbia delle Rotture di Palle, ma abbastanza enigmatico da fare un baffo all'inganno della cadrega.
Memorabili personaggi come Segreteria Telefonica, Lesioni Personali Gravi, Hastur e l'Anticristo.
Sconsigliato a Venditori Telefonici, addetti alla consegna di pacchi, Bentley vintage e militanti della fazione del Bene.
Trigger warning: la storie contengono avvenimenti misteriosi o inspiegabili, leggendo questo libro vi potrebbe sputare un ... in più.
Ho fatto amicizia con Ken Follet grazie a questo libro. Io trovo che sia un grandissimo narratore, sa intrattenere e costruire una storia tenendo l'interesse costante grazie a molti punti di svolta e colpi di scena.
La vicenda del romanzo è ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale tra una piccola isola della Danimarca e Londra, e si tratta di una spy story militare che gira attorno a quest'isola che ospitava un radar militare tedesco (all'epoca la Danimarca e la Germania collaboravano) che era in grado di prevedere gli attacchi aerei della RAF. I protagonisti, uno svariato gruppo di giovani uomini e donne lotteranno contro la polizia e l'esercito tedesco per passare informazioni al governo inglese.
Impeccabile, oltre alla storia, lo è anche la ricostruzione storica di quei giorni, anche se non li ho visssuti in prima persona, mi hanno ‘convinto'. Anche quando si scendono nei tecnicismi sembra molto realistico infatti, non essendo ferrato su aereodinamica o meccanica, son rimasto comunque affascinato dalle meticolose descrizioni della dinamica degli aerei descritti, anche se durante lo svolgimento del libro sono state le parti oggettivamente più noiose.
D'altro canto i personaggi non mi hanno colpito particolarmente, si distinguono ma allo stesso tempo li ho trovati abbastanza monocolore, e a volte ho trovato le relazioni tra di essi un po' troppo forzate, come se l'autore non possa resistere a non far fare l'amore a qualsiasi di coppia di genere differente ci sia. Anche la trama a volte ha preso pieghe inutilmente forzate per risultare più scenica e appetibile, a volte anche andando contro logica, o portando a scenari semplicemente improbabili.
Aggiungo infine che se non un po' di adrenalina, non mi ha emozionato granchè, i colpi scena ci sono ma sembra una storia così ‘costruita', i personaggi e le relazioni così ‘forzate', che mi sembrava di leggere un copione già letto. In più dopo due terzi del libro, la storia rallenta e si dilunga inutilmente, risultando inoltre veramente scontata.
Consiglio a tutti per gli interessati al periodo storico, e perché si tratta di una lettura leggera ed evasiva, in più è scritto molto chiaramente e non è nemmeno troppo lungo, ideale per chi si vuole avvicinare all'autore.
Se dovessi rispondere ad una di quelle domande del tipo: “Quale autore famoso del passato porteresti a cena?”, sceglieri con piacere Oscar Wilde. Il ritratto di Dorian Gray mi è piaciuto molto: brillante per le idee, memorabile per ciò che succede e appassionante per lo stile. Un vero capolavoro.
Un libro breve ma troppo vasto per trarre una sola morale senza sminuirlo, un libro che ha dei passaggi così poetici e belli che qualsiasi aggettivo che mi viene in mente mi sembra riduttivo, un romanzo che lascia il segno, perché si parla del bello, del brutto, delle virtù e della vita; in qualche modo tocca argomenti vicini a tutti, difficilmente secondo me si può finire questo libro e rimanerne indifferenti.
Avrei veramente voluto che fosse un libro da cinque stelle, ma non lo è stato.
Se non avete ancora iniziato a leggere le (dis)avventure di Fitz o Ragazzo non sapete cosa vi perdete. FitzChevalier è un capolavoro di personaggio, Robin Hobb fa da maestra, costruendo un personaggio credibile, vivo, lontano dagli stereotipi del protagonista ambizioso ed eccellente in tutto. Perché Fitz è un semplice ragazzo catapultato in un mondo che non avrebbe mai voluto abbracciare, un'indole non adatta alla sua levatura, ma che probabilmente gli ha salvato la pelle più di una volta, e dopo tutto gli errori, gli sbagli, Fitz è un personaggio degno di stima, che difficilmente non si ama.
La trama copre un arco molto lungo di tempo, poiché si concentra sullo sviluppo del protagonista, perciò non è delle più interessanti. Ci sono pochi episodi che hanno reali risvolti sulla trama, e alcuni narrati in maniera esemplare, tanto che mi hanno catturato completamente, ma la maggior parte del tempo non è accaduto. La nota dolente è l'episodio finale, grandissimi potenziali, risvolti inaspettati uno dopo l'altro, ma in un certo senso molto, se non troppo, insoddisfacente. Un finale che non mi è piaciuto. Nota di merito è la continuità fluida del romanzo, non ci sono interruzioni temporali, è un lento scorrere nella vita di un ragazzo.
Tecnicamente è estremamente scorrevole, il lessico è essenziale, le descrizioni semplici e chiare, tutto a favore di una lettura piacevole e rilassante. Leggerò sicuramente i seguiti, anche per risolvere diverse questioni in sospeso.
Ho comprato questo libro sfruttando la promo 1+1 Sellerio, giusto per capire cosa mi stessi perdendo, per capire com'è un giallo all'italiana di un autore che colonizza le classifiche di vendita. Ecco, son rimasto deluso.
Partiamo dal protagonista, un poliziotto romano, che abita... ad Aosta. Benissimo così. Il carattere di questo personaggio è talmente esagerato che è una caricatura di se stesso: SEMPRE scazzato, manco fosse perennemente imbottigliato nel traffico, non ha mai voglia di parlare con qualcuno a meno che non sia stretto necessario, d'altro canto è super attento alla popolazione femminile, ogni donna che vede (le descrizioni di esse sono sempre precise e dettagliate, anche sull'abbigliamento) se la immagina nuda, e molto facilmente se la porta anche a letto perché ha quel fascino da uomo maledetto, sulla cinquantina, capo della polizia. Vabbè ma ha anche un buon cuore, tanto che porta sempre in giro il suo cane, e a casa si prende cura di Gabriele, un ragazzo-vicino di casa, tanto che gli fa quasi da padre e risolve tutti i suoi problemi. A volte il suo buon cuore è talmente buono che lascia proprio senza parole, da un estremo all'altro insomma.
Pure nel lavoro è così, ogni caso lo prende sul personale, si fionda sul caso come se ne dipendesse la vita, peccato che poi commetta millecinquecento irregolarità, conflitti di interessi, giochi sporchi e diriga la sua squadra di polizia a metà fra un ocean eleven e come il dipartimento di L.A. Confidential (1997). Insomma è un personaggio macchia poco interessante, ma ogni tanto strappa un mezzo sorriso con qualche commento.
La trama è francamente noiosa, un caso con poco mordente, e onestamente la fine viene rattoppata con la risoluzione più banale, un accenno di un complotto più grande e finisce così, paradossalmente incompleto e sbagliato. Questo romanzo non va da nessuna parte, praticamente è la prima parte di una storia, e meno male che ho pure il seguito. In ogni caso: noioso, surreale e rattoppato.
Detto questo, è scritto bene? Mah. Il 90% del libro sono dialoghi, praticamente questo è un prodotto pronto per essere adattato in una fiction di rai 1, senza dubbio, non c'è bisogno di scrivere una sceneggiatura, basta prendere un po' di qui e un po' di là e si ha tutto. Poi questi dialoghi sono per un buon 30% completamente inutili, chiacchericci. Qualche battutina stupida, qualche commento acido o scazzato e fine.
Gli altri personaggi? Deludenti, ma altrettanto macchietta, ma non sto ad approfondire. Che robaccia
L'uomo e il piccolo cardo del deserto; il cardo e l'uomo addormentato.
“Tu sai tutto, mago. Ma io so una cosa soltanto... l'unica cosa vera!”.
Non è la prima volta che avete sentito questa frase nella vostra vita. È uno scontro tra due verità, ma ci sono verità più vere di altre? Alcune volte le verità ti imprigionano in un labirinto buio in cui la tua anima è in completa perdizione, in cui la realtà viene distorta e ottenebrata in modo che tu non veda più la luce del giorno.
Alcune volte le verità ti liberano e ti buttano in un mare di scelte, e non è detto che ti portino necessariamente alla luce, ma lo rendono solo possibile.
“Perché se ne stava lì così indifeso eppure così forte? Perché lei non riusciva a sconfiggerlo?”
Ci sono delle verità più forti delle altre?
Vivere nelle aspettative degli altri
Lo Squalificato è una storia che mi ha lasciato confuso, ma scoprire che la vita dell'autore è simile agli eventi narrati in questo libro mi ha fatto riflettere. Una delle premesse iniziali di questa storia decadente, è che il protagonista fittizio, Yōzō, non sa come comportarsi da umano. Non capisce la società, i ruoli, gli usi, i costumi e soprattutto le persone. Mi ha ricordato effettivamente una persona affetta da autismo, ma il suo modo di adattarsi ad esso secondo me, anche personalmente, è comprensibile non solo da persone che soffrono di questo disturbo, ma da tutti.
Nella prima delle tre sezioni che racconta della sua vita, al fine di compiacere tutti coloro che lo circondavano e ripagare le loro aspettative, nella paura di essere altrimenti abbandonato e lasciato solo, egli era un pagliaccio, costantemente pronto a scherzare e fare il buffone. Una maschera però che lottava con il suo Io interiore, disorientato e confuso. Vivendo così dietro questa grande menzogna elaborata, e nel frattempo con il terrore di essere scoperto.
L'inizio della decadenza inizia nel secondo episodio della sua vita, dove libero dalle gabbie familiari, inizia a condurre una vita da solo a Tokyo, dove per la prima volta si adatta a vivere in maniera autonoma, inizia ad aver coscienza di sé, ma anche allora quando non aveva parenti, trova la volontà di qualcuno da compiacere. Sarà in maniera costante e continua, che la sua lotta interiore e il suo malessere psicologico lo porteranno a desiderare l'attenebramento dei sensi. Alcol, donne e dissolutezze.
La storia prosegue ma una caratteristica fondamentale, ormai radicata in lui, è quella lasciarsi trasportare dai vizi, dalle volontà altrui e dalla codardia. Aggiungendo il suo interiore malessere e la depressione, egli continua a cercare il suicidio da una vita che troverà intollerabile, a causa anche dei traumi che subirà.
È una storia molto forte, a tratti deprimente e a tratti molto ingiusta. Non riesco a trarne un valore pratico, ma secondo me, nelle considerazioni puramente personali che ho colto, trovo che l'incomprensione che ha “subito” Dazai per tutta la vita gli è costata la vita, e si può vedere questa storia come è un monito per empatizzare e comprendere le persone come lui.
Il buon lettore
Questa è una raccolta di saggi basata sugli appunti per le lezioni di Nabokov tenute in dei college americani tra il ‘41 e il ‘56. Le lezioni sono sette, dedicate in ordine a:
Jane Austen: Mansfield Park
Charles Dickens: Casa Desolata
Gustave Flaubert: Madame Bovary
Robert Louis Stevenson: Il Dottor Jekyll e Mister Hyde
Marcel Proust: La strada di Swann
Franz Kafka: La metamorfosi
James Joyce: Ulisse
e due saggi
Di questi ho letto solo Kafka e Stevenson, il resto sono state assolute novità per me, e quindi attenti se non vi volete spoilerare queste storie, dato che nei saggi viene ampliamente sviscerata la trama principale. La differenza tra l'aver letto i romanzi in questione e non averlo fatto secondo me può influenzare la qualità della lettura, anche se per ogni capitolo ci sono estratti (anche lunghi), poter però coadiuvare l'analisi di Nabokov e la propria esperienza di lettura è un concreto valore aggiunto; nel mio caso con La Metamorfosi, dopo aver letto diverse interpretazioni, ho letto quella di Nabokov che mi ha fatto accendere la lampadina.
Se prima apprezzavo Nabokov come autore (per Lolita), l'ho trovato molto interessante anche come critico letterario. Anche se va detto, io che non sono abituato alle materie umanistiche, la critica letteraria non è una scienza esatta.
Ho letto che come critico letterario viene etichettato come un “stilista”, ora non entro in dettagli sui diversi approcci alla letteratura, ma penso sia approppriato parlare di stilista, per citare le sue stesse parole:
Stile e struttura sono l'essenza di un libro; le grandi idee non servono a nulla.
che è inutile leggere un libro se non lo leggete con la schiena
Un libro è come un baule stipato di roba. Alla dogana la mano di un funzionario vi si immerge sbrigativamente, ma chi cerca tesori ne esamina ogni filo.
Questo è stile. Questa è arte. È la sola cosa veramente importante in un libro. (riferito ad un passaggio di Madame Bovary).
Dalla parte di Swan
ritrovare, nel riafferrare, nel farci conoscere quella realtà da cui viviamo lontani, da cui ci scostiamo sempre più via via che acquista maggior spessore e impermeabilità la conoscenza convenzionale che le sostituiamo : quella realtà che noi rischieremmo di morire senza aver conosciuto, e che è semplicemente la nostra vita. La vita vera, la vita finalmente scoperta e tratta alla luce
Rischiamo di lasciarci sfuggire il meglio della vita, se non sappiamo fremere, se non impariamo a sollevarci appena più su del normale per assaggiare i frutti artistici più rari e maturi che il pensiero umano ha da offrirci.
Lasciate ogni speranza voi che viaggiate nel futuro
Io sono un appassionato di fantascienza, non un esperto, ma tra film, videogiochi e libri ho maturato una certa abitudine a confrontarmi con i trope del genere, tanto che poco o nulla mi sorprende ancora (nel contesto della space opera), eppure non ho mai letto una fantascienza così riconoscibile e allo stesso tempo così nuova da sentirmi così appagato e soddisfatto.
Due parole di contesto: Galactic North è una raccolta di racconti ambientati nello stesso universo, conosciuto per via della serie Rivelazione. Le storie di questa raccolta sono “nello sfondo” dei principali avventimenti raccontati nei romanzi, ma introducono in maniera eccellente gli elementi distintivi dell'universo, e citando qua e là avvenimenti e riferimenti dei romanzi (che non ho ancora letto). Per di più forniscono una “prospettiva storica” utile a capire razze, la cronologia e l'evoluzione dell'universo, e a quanto pare anche le backstories di alcuni personaggi. Da sottolineare che probabilmente qualche accenno può essere considerato “spoiler” per i più sensibili (io stesso ho trovato riferimenti familiari a “La città del cratere”, un altro ottimo romanzo che consiglio), anche se ho letto che il traduttore della serie lo ha definito come un ottimo punto per iniziare.
Io le ho trovate tutte ben narrate, intriganti e molto varie. Reynolds spazia fra diversi generi di storie, fra diversi tipi di personaggi, ambientazioni e tempi (dal 2200 al 2600 circa).
“Le grandi mura di Marte” 4** Il primo racconto è quello più vicino ai giorni nostri, ci son riferimenti a confilitti, scismi evolutivi e fazioni che si spartiscono il sistema solare. È la storia di una ribellione e di una fuga, un primo approccio alla deviazione evolutiva dei Conjoiner. “Glaciale” 5* È in continuità con il primo racconto, e racconta dell'esplorazione di un pianeta alieno. A tratti ansiogeno, a tratti personale e introspettivo. Il pianeta richiama l'atmosfera di “The Thing”, e il mistero è sufficientemente affascinante da destare la curiosità. “Una spia in Europa” 3* Spy story ambientata nei mari di Europa, non particolarmente intrigante ma interessante a livello immaginifico (per le tecnologie e le razze presentate). Una nota dolente è la “chiusura” del racconto, troppo affrettata.
“Brezza” 5*** Uno dei racconti che più mi ha colpito. Una storia che introduce gli Ultra, una particolare deviazione evolutiva dell'uomo nel bel mezzo di una battaglia fra navi spaziali. Nonostante il finale sia un po' scontato, l'ho adorato, soprattutto per i personaggi.“Sonno dilatato” 3* Questo è carino, un po' alla Shymalan, forse è il racconto che mi è piaciuto di meno. L'idea è buona ma francamente non mi ha convinto molto l'esecuzione. Da notare che si tratta di uno dei primissimi racconti dell'autore, datato 1990, ben prima della nascita ufficiale dell'universo Rivelazione.
“Il bestiario di Grafenwalder” 5*** Questo racconto tocca argomenti più sociologici, l'ambiente è altolocato e i personaggi sono tutti ricchi collezionisti. Questo ha un duplice fascino dato dallo stile di vita di questi personaggi e il lato puramente tecnologico e biologico. Interessante come la visione pessimista di Reynolds dipinga l'umanità tra 500 anni non molto diversa da quella che conosciamo oggi, nonostante significativi passi tecnologici, l'uomo è rimasto sostanzialmente lo stesso. “Nightingale” 5* Una storia horror degna di un adattamento cinematografico, ambientata in una nave spaziale abbandonata, racconta di un team di soldati alla ricerca di un criminale di guerra creduto in stasi. Cupo, ansiogeno, brillante per le idee e veramente disturbante per le visioni suggerite. “Galactic North” 5*** È la storia più vecchia del mondo. Tradimenti e infiniti inseguimenti. È onestamente molto strano come racconto, spazia per lunghi tempi, è molto cupo e un po' triste. È la visione futurista di Reynolds a condizionare la storia di questo racconto, che indirettamente coinvolge l'intero universo da lui creato. Una pillola difficile da digerire.
In chiusura, non posso che consigliare questa raccolta, tra le migliori che ho letto di hard sci-fi, sia per godibilità, anche a livello di prosa (seppur non sia il punto forte), ma soprattutto per quanto sia vario nelle storie, convincente e affascinante. Non mi sorprenderebbe, e lo dico con tristezza, se il futuro assomiglierà a quello immaginato da lui. 4,5
“Bambina abbiamo bisogno del tuo aiuto”
“Oh, che cosa volete che faccia? Sta andando tutto male...“
Quanto ti capisco, cara Kettle.
“Quale che sia la verità al suo riguardo, questo mondo mi piace, vi ho trovato la mia porta sull'estate e non viaggerei di nuovo nel tempo, per paura di scendere alla stazione sbagliata. Forse mio figlio lo farà, ma in quel caso lo inciterò ad andare avanti, non indietro. L' “indietro” serve per le emergenze, mentre il futuro è migliore del passato. Nonostante i pessimisti, i romantici e gli anti-intellettuali, il mondo migliore sempre di più perché la mente umana, applicando se stessa all'ambiente, lo rende migliore. Con le mani... con gli attrezzi... con il comune buon senso, la scienza e l'ingegneria.”
Fa molto strano leggere un romanzo di fantascienza del 1957 che sia così ottimista nei confronti del futuro, quell'ottimismo che noi abbiamo perso da tempo (o che non abbiamo mai avuto), anzi l'impressione è che stiamo diventando sempre più pessimisti nei confronti del futuro... Chissà cosa avrebbe detto Heinlein se ci vedesse oggi, che non abbiamo nemmeno sconfitto il comune raffreddore, non esiste l'ibernazione, le strade non sono pulite e l'ambiente è andato peggiorando fino a livelli critici. In fondo, alcune cose le avremmo pure potute compiere ma la fiducia inesorabile che ha avuto Heinlein è stata mal riposta purtroppo.
Ho avuto come la sensazione che il romanzo abbia ricalcato sia il suo pensiero che la sua persona, infatti il protagonista, come l'autore, è un ingegnere... e vedere le cose come le vede un ingegnere, in particolare per me, è straordinariamente interessante. È un autore che ama i particolari e soffermarsi su dettagli, spesso di tipo ingegneristico, perché più che la storia di per sé, lui ama parlare di ingegneria. Ovviamente mescolata ad una buona dose di “spostamenti temporali” e di drammi.
Perché la storia non solo mi ha coinvolto ma mi ha ispirato parecchio. Cosa faresti se tutte le persone di cui ti fidi ti tradissero? Riusciresti a fidarti di qualcun'altro, o vivresti come un eremita nella grotta? La storia mi è stata d'ispirazione perché ho potuto vedere come pensa, secondo Heinlein, un vero ingegnere.
Consigliato a tutti, anche a chi interessa semplicemente una storia di vendetta a cavallo di due generazioni.
DNF 50%
Libro pensato male, scritto peggio e complessivamente deludente. Praticamente non si salva nulla: una sequela di scene d'azione narrate male, un personaggio cringe young adult, il resto dei personaggi che oscillano fra il banale e il noioso, nessun mordente, nessuna forte motivazione o obiettivo per i personaggi (e nemmeno per il lettore).
Onestamente non mi è rimasto in mente nulla, qualche flash di un paio di scene, ma nient'altro. Mi dà anche fastidio che la serie spin-off è ambientata nel mondo di Malazan, ma con quest'ultima non condivide nient'altro purtroppo. Evitate.
È veramente difficile valutare un libro del genere per me, come molti io ci sono cresciuto, soprattutto con l'adattamento cinematografico e per me ormai è impossibile separare le due cose. Sicuramente mi è piaciuto, anche se è una storia che conosco a memoria, sono rimasto molto concentrato sui dialoghi e le differenze rispetto ai miei ricordi e a volte sono stato anche sorpreso.
Ovviamente il lettore ventenne che è in me, protesta di fronte ad alcune ingenuità insomma però va bene così, rimarrà per sempre una storia importante per la mia formazione libresca insomma.
Ho letto l'edizione illustrata di JIM KAY. Le sue illustrazioni sono favolose e affascinanti, leggerlo in questa edizione da proprio una sensazione differente devo ammettere, perciò le amo tanto.