“Un'immagine pornografica è una visione di pura fantasia, invece un simulacro cattura uno stato della mente, un sogno. Ma il sogno di chi? Ciò che vidi quel giorno nei suoi occhi non era osceno. Era troppo intimo.”
La fantascienza che preferisco è quella che mi provoca angoscia e turbamento, e questa raccolta ci riesce bene. Il fil rouge che lega i diversi racconti è il tema del postumanesimo: umani così “avanti” che sono a malapena riconoscibili, e che da un lato mi hanno inorridito. Non avrebbe senso parlare di evoluzione, ne di involuzione, ma solo di profondi cambiamenti che hanno ridefinito il concetto di essere umano. Si parla di simulazioni virtuali, di allungamento della vita e del superamento delle le barriere biologiche.
Eppure si evince dai racconti che quanto più lontano l'uomo vada, più l'autentico e il reale lo attirano e lo fanno sentire veramente vivo.
Rircordi di mia madre 3★★★
Animali esotici 3★★★
Tratta della vita ibrida umana-animale.
I simulacri 5★★★★★
Un brevissimo racconto che offre una prospettiva futura sul “catturare la realtà e l'intimità”. Uno dei miei preferiti di questa raccolta.
La combinazione perfetta 2★★
L'idea è un po' riciclata ma è particolarmente attuale anche per un esplicito riferimento alla contemporaneità americana e cinese.
Restare indietro 3★★★
Una visione su coloro che decidono di non ‘evolvere', ma di conservare ciò che ritengono di più vero, assoggettandosi alle naturali regole del mondo vivendo in un setting post-apocalittico dovuto all'abbandono.
Mono no aware 5★★★★★
‘Tutto scorre' è una celebrazione degli attimi fugaci che rendono speciale la vita, speciali perché non sono destinati a perdurare, svaniscono come tutto prima o poi.
Le Onde 4★★★★
Ciò che più è forte in questo racconto è il senso di smarrimento nei confronti dell'evoluzione infinita, ciclica e infinita come le onde, che trova rassicurazioni nella ricerca continua di riallacciarsi alle origini e al passato.
Insieme altrove, vaste madrie di renne 4★★★★
Il racconto conclusivo è una riflessione sul significato di vivere: in una umanità evolutissima che ha piegato lo spazio e il tempo nell'astrazione virtuale, il ritorno nel ‘vero' porta una madre ad abbandonare la figlia.
Nonostante alti e bassi, la memorabilità e il generale impatto emotivo di alcuni questi racconti mi ha colpito. Consigliato a tutti.
Orwell ha scritto una confortante favoletta con animali parlanti che racconta verità spiacevolmente sconfortanti, che sintetizzano efficacemente la caduta degli ideali, o l'impossibilità di attuarli, a causa dei maiali.
La narrazione non è particolarmente entusiasmante o intrigante, si parla pur sempre di una fattoria, ma alcuni dialoghi, alcune frasi mi hanno fatto rabbrividire, come se improvvisamente il libro si fosse tramutato in un horror.
È l'effetto che mi ha fatto vedere le sette leggi della fattoria sbiadire, cambiare ed essere infine dimenticate per sempre, è un po' la riprova che alla fine i fatti non contano, basta inventarli e convincere gli altri che siano veri. Il passato è mistificabile, le masse sono manipolabili e c'è sempre un nemico di cui non fidarsi. Si sta sempre meglio di prima, siamo liberi, e siamo tutti uguali, ma alcuni sono più uguali di altri.
Il Processo è affascinante. Ti coglie alla sprovvista una mattina qualunque, sa essere snervante perché non ha chiare e facili vie d'uscita, e una volta che è incominciato, è assoluto. Sia ben chiaro, non è un processo che ha che fare con le leggi dello stato, ma con la Legge, inaccessibile e di difficile interpretazione, e davanti ad esso si è soli, al di là di tutto l'aiuto che potremmo mai ricevere da avvocati. Ecco, esistono due modi per affrontarlo: il primo è quello di occuparsi attivamente, ogni giorno, ogni ora del proprio Processo, in attesa di una provvisoria sentenza oppure di procrastinarlo, il secondo è oggetto di questo libro.
È un concentrato di informazioni utili per conoscere un minimo i mercati finanziari e i prodotti finanziari. Scorrevole e interessante.
Neuromante è famoso perché ha contribuito a creare l'immaginario cyberpunk, e sebbene non sia cosa nuova per me, è riuscito a sorprendermi: sia perché i luoghi e l'atmosfera che si respira hanno suscitato in me un certo fascino nel suo sfrenato estremismo, ma anche perché ho ritrovato elementi molto familiari, prova del'enorme influenza che ha avuto nei mass media.
In retrospettiva la trama del romanzo ha una struttura e uno svolgimento semplice e linerare, tuttavia durante la lettura non mi sembrava così, anzi devo dire di averla trovata intrigante e affascinante (toccando anche temi di attualità scottanti come le IA), ma di certo non è il punto forte del romanzo.
I personaggi sono tutti particolari, eterogenei e affascinanti sia fisicamente che psicologicamente. Seppur manchi del vero e proprio character development, nella parte finale l'autore è riuscito a dare una dimensione precisa ad ognuno di essi, e in un certo senso a giustificare le loro azioni.
Come qualcuno mi ha fatto notare, il romanzo è punk anche nella scrittura, ma a disturbarmi non è lo slang, o dialoghi da strada, ma uno stile di scrittura grezzo, che unito a una narrazione molto frammentaria e spedita, non facilita la lettura, anzi credo che in qualche modo comprometti l'esperienza nonostante ne sia parte integrante.
Tutto sommato però è stata una lettura piacevole, piena d'azione che intrattiene e coinvolge.
Ammetto che mi ha deluso un pochino la lettura di questo romanzo, avevo alte aspettative dato che è un libro parecchio famoso da cui hanno tratto un film e la recente serie tv (che trovo perfino meglio del libro a tratti). Complice il fatto che ho letto, bazzicando in giro, che è un romanzo apprezzabile anche da un target più adulto rispetto a quello consigliato, per via dei temi che si affrontano nel libro. Infatti non nego che la piccola protagonista del libro è piccola solo nel numero degli anni, mentre la maggior parte del tempo dimostra una maturità non caratteristica della sua età, lei osserva gli adulti e le loro azioni, riflette sul perché fanno quello che fanno, si pone continuamente domande sulla natura delle cose e da queste domande nascono spunti abbastanza interessanti, ed è tutto qui.
Il wordbuilding è stato palesemente costruito basandosi sul una versione del mondo degli anni ‘10 in uno stato teocratico di una variante della nostra Chiesa Cristiana, aggiungendo in piccole dosi magia che viene amalgamata in questa pseudoscienza. Ho trovato interessante la presenza dei Daimon, simpatici animaletti mutaforma legati ad ogni persona. Ma del resto in realtà non sono rimasto così colpito, tranne poche cose l'ho trovato così poco originale e a tratti forzato. tranne gli orsi-guerrieri, quelli sono parecchio fighi Il motore degli eventi del libro, una specie di anomalia magica-fisica promette cose molto interessanti... che in un certo senso potrebbe salvare il worldbuilding dei prossimi volumi tuttavia.
La storia penso sia uno dei punti dolenti, è estremamente dinamica, incentrata completamente sull'azione e sul destino, infatti se gli dovessi dare un nome la chiamerei “Una serie di fortunati eventi”, è allucinante che ci siano così tante coincidenze che rovinano proprio l'intera credibilità della storia. Il problema è che l'autore non ci prova a essere coerente, cerca di deformare la storia in modo che tutto sia al loro posto quando deve esserlo, anche a rischio di risultare assurdo, e mi ha dato parecchio fastidio per tutta la durata del romanzo. Però ripensando al target originale del libro, capisco che molte persone ci potrebbero passare sopra. Inoltre ci sono alcuni palesi buchi di trama, fino all'ultimo i pochi colpi di scena sono incoerenti e incomprensibili... per quanto riguarda questo punto mi ero aspettato molto di più.
La scrittura è essenziale, quasi strumentale, non è elegante né precisa, è solo funzionale alla trama e all'azione, tirchia di descrizioni accurate e poco incisiva tranne in qualche raro momento. Ci sono molti dialoghi anche talvolta inutilmente lunghi, forse per dare più un taglio cinematografico che altro. Non che mi aspettavo troppo diversamente, però ecco è veramente povero lo stile dell'autore a parere mio.
I personaggi non spiccano né per caratterizzazione né per credibilità se per questo, ci sono diversi personaggi interessanti ma poco tempo per approfondirli, quindi sono tutte delle bozze, dato che l'attenzione è concentrata il 90% del tempo su Lyra, la piccola protagonista. Forse è anche per questo che è difficile inquadrare le loro azioni, anche questo è un lato che mi ha fatto storcere il naso.
Lo consiglio? Sì a tutti, ma con molte riserve, la prima è quella di aspettarsi un romanzo per bambini e non altro. Bisogna passare sopra su alcune coincidenze e buchi di trama. Soprattutto bisogna regredire un po' bambini per cogliere il lato divertente di questa “avventura”.
Torre di Babilonia 3Capisci 5
Divisione per zero 4Storia della tua vita 5
Settantadue lettere 4L'evoluzione della scienza umana 4
L'inferno è l'assenza di Dio 5Amare ciò che non si vede: un documentario 5
La genialità insita in questi racconti è sorprendente, mi sono ritrovato a riflettere su questioni a cui raramente si pone molta attenzione perché sono per lo più molto fantasiose perciò molto astratte. Mi ha lasciato molti interrogativi e un po' di infelicità se devo essere sincero, è un autore con una fervida immaginazione ed una potente voglia di mettere in crisi l'esistenza del suo lettore. Consigliato a tutti.
Questo è considerato come uno dei pilastri di una certa epoca della fantascienza, ammetto di non avere le conoscenze giuste in ambito fantascientifico per potergli dare una contestualizzazione temporale, però mi ha deluso un pochino, speravo di apprezzarlo molto di più. Tirando le file è stata una lettura piacevole, il concetto dei cristalli sognanti è veramente interessante ma niente di più. La trama è scorrevole tanto quanto lo è la prosa di Sturgeon (buona traduzione), ma i personaggi non spiccano particolarmente, ci sono troppe ingenuità a livello narrativo secondo me e c'è un finale che mi ha fatto storcere il naso per alcune scelte. Caratteristica dell'autore che potrei apprezzare è l'intenzione di esplorare, attraverso la fantascienza, l'interiorità umana. Per questa ragione potrei anche approfondire con altre letture questo autore.
David Foster Wallace è un genio, e non lo scrivo nel solito senso, è effettivamente uno scrittore con una sensibilità al dettaglio incredibile, naturalmente inclinato alla riflessione e una curiosità apparentemente senza limiti.
Il mio problema con lui è che, come forse un po' tutte quelle persone fuori dal comune, scrive più per se stesso che per io Lettore, pur rivolgendosi a me tutto il tempo (da notare che questa è una collezione di saggi, ma più precisamente di articoli pubblicati in riviste e giornali). Il fatto è che ogni articolo è inondato di tutta una serie di informazioni contestuali, che arrivano dal macro al minuzioso dettaglio del marchio della bevanda che l'autista del suo autobus beveva mentre guidava, in cui sono “nascoste” (spesso in note a piè di pagina) anedotti o comunque riflessioni più significative, di reale interesse.
Ecco, a me francamente non può interessar di meno della fiera dell'aragosta (che poi sarebbe dell'astice in italiano) del Maine, ma sono sicuramente interessato alle implicazioni etico-filosofiche che comporta il bollirle vive, oggetto del saggio stesso. Questa però non è una raccolta di saggi che potrebbe essere letta per il contenuto, o per i temi affrontati, gira e rigira si legge questo libro perché si vuol leggere la lista della spesa di DFW.
Quindi, a priori perché leggere Considera l'Aragosta se non si è fan di DFW? Non lo so bene, non avrei motivi validi per suggerirlo, a meno che siate interessati ad un saggio di 150 pagine sull'uso e l'autorità della lingua inglese, ovvero cito da Wikipedia perché non sarei in grado di riassumerlo: “L'autore spazia dall'analisi di molte consuetudini linguistiche errate al confronto tra prescrittivismo e descrittivismo nella linguistica, le implicazioni che hanno sulla pubblicazione di nuovi dizionari, e, più in generale le loro implicazioni “politiche””.
Trovo DFW prolisso, si sofferma su una marea di dettagli che mi dimentico 2 secondi dopo ed è così minuzioso nel riportare informazioni che mi chiedo ogni 2 pagine circa dove voglia arrivare, ma ha i suoi lati positivi perciò farò una selezione di saggi che vi consiglio di recuperare, senza necessariamente comprare il libro:
Il Dostoevskij di Joseph Frank: Se siete fan o meno di Dostojevski, il pensiero di DFW è la più chiara ed esaustiva spiegazione sul perché sia uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi.
Considera l'aragosta: Conferisce titolo alla raccolta, la riflessione sull'abuso e la consumazione dei suddetti animali mi ha colpito, è molto efficace.
Alcune considerazioni sulla comicità di Kafka che forse dovevano essere tagliate ulteriormente: Kafka è un comico essenzialmente.
Il figlio grosso e rosso: Se avete pianificato un viaggio negli anni 90' a visitare una fiera dell'industria pornografica americana, ecco questo articolo è un espediente per rinunciarvici e sorbirvi comunque l'esperienza al 101%.
Noto ora che ci ho impiegato praticamente quattro mesi interi a finirlo, considerate che è solo all'apparenza un libro da 380 pagine, ma contando tutte le scrittre con font di grandezza 3, arriviamo tranquillamente a 600 e passa.
Sono affascinato dai libri gialli, più ne leggo e sono attirato da essi. Personalmente li vedo come una sfida tra me -il lettore- e l'autore, in questo caso, Agatha Christie. Sono affascinato soprattutto quando perdo ovviamente, è un gioco difficile quello del giallista, riuscire a mostrare il trucco di magia senza svelarlo, in questo caso però ho vinto con largo anticipo. Non saprei dire se è stata colpa di un eccesso di indizi, o semplicemente ho iniziato ad avere occhio per alcune cose, ma devo ammettere che onestamente se avevo intuito il chi, non ho di certo indovinato il perché. Anche perché solitamente le soluzioni proposte sono così ben costruite (e al limite della realtà) che difficilmente uno si può immaginare per filo e per segno tutto quanto.
Ricapitolando, si tratta del romanzo che meno mi è piaciuto dell'autrice (di quattro). La prima metà è molto lenta a introdurre i personaggi, o meglio, lo “spaccato umano” del romanzo. Tutta una lunga serie di personaggi particolarmente (e volutamente) esagerati, che in tutta franchezza non mi hanno né entusiasmato né suscitato interesse, complice anche averli introdotti poco a poco in maniera disordinata. Ho preferito infatti la seconda parte del romanzo, dedicata al delitto.
Tuttavia mi piace lo stile dell'autrice, e anche se trovo che la narrazione di questo romanzo non sia un granché, i dialoghi sono sempre molto curati e interessanti (anche se questa volta un po' ridondanti). La Christie proviene da un'epoca in cui non esisteva il politicamente corretto e infatti si nota molto, rendendo per assurdo i personaggi che ho criticato, molto più umani di tanti di quelli che si leggono al giorno d'oggi. Un'ultima critica che sento di fare, è che in questo romanzo il troppo stroppia. C'è tanto di tutto, e alla fine l'intera faccenda ne risente e francamente non la ritengo molto credibile.
Chissà come, questo uomo antico è capace di vedere la verità, ed essa non lo acceca né lo fa impazzire.
La fantascienza ha il potenziale di giudicare l'umanità in retrospettiva, e Speaker for the Dead è come se fosse arrivato dal futuro.
È un libro molto diverso da Ender's Game, il protagonista da stratega militare diventa uno stratega dell'animo umano, un lettore delle menti e delle emozioni. Attraverso lui, vediamo l'umanità in scena per come realmente è, scontrandosi con filtri cattolici e illusioni umane.
Lui cammina sfrontatamente in posti del mio cuore che tenevo come fossero terreno consacrato, dove a nessun altro era permesso entrare. E mette in piedi sui piccoli germogli che si aggrappano ancora alla vita in questo suolo disseccato.
Ma l'anima di questo libro ruota attorno ai piccoli esseri alieni con cui l'umanità si trova a ‘convivere' per la prima volta, questo libro affronta le implicazioni etiche che ciò comporta, e in un certo senso ridefinisce l'umanità nel tentativo di coesistenza, grazie all'empatia e la mutua comprensione per il benessere collettivo. Un esperimento mai veramente avvenuto sulla Terra, e che francamente mi ha entusiasmato molto.
Vengono poste molte domande, e in realtà poche risposte, ma è la qualità di queste che eleva questo romanzo fra i migliori di quelli che affrontano questioni sociologiche e filosofiche simili che abbia letto.
Consigliato a tutti, tranne ai Varelse.
“Sono estremamente orgoglioso di questo libro. Nel corso degli anni, la mia prosa è migliorata e la mia voce narrante è maturata, ma trovo essenziale ricordare che una vibrante, appassionata storia che coinvolga i personaggi sia più importante rispetto ai sistemi magici nuovi o alle sequenze d'azione epiche. I personaggi e le emozioni sono la vera magia. Il sussurro di Elantris è un avvertimento per me di non dimenticarlo mai.”
-Brandon Sanderson
3,75
Elantris è il romanzo d'esordio di Brandon Sanderson, e si nota quasi subito. Non solo troviamo la classica formula che l'autore ripropone nei suoi libri successivi, ma anche lo stesso stile (anche se ancora più povero) oltre a qualche difetto ed ingenuità, frutto dell'inesperienza oserei dire. Infatti, Sanderson con questo romanzo stabilisce i suoi topoi o elementi ricorrenti presenti in altri suoi romanzi, come una giovane strong female character, la forte impronta divina/teologica, piccoli servitori fedeli, senza parlare di giovani uomini carismatici (qualcuno ha detto Kelsier, Kaladin o Raoden, non mi stupirei che siano effettivamente degli avatar della stessa persona).
Non posso sicuramente dire che non mi sia piaciuto, ma nemmeno che mi abbia fatto impazzire, nel senso che mi ha coinvolto specialmente nell'ultima parte, ma non è stata una lettura stimolante. L'inizio è lento, l'autore si prende del tempo per sviluppare personaggi, l'ambientazione e ci fornisce un po' tutte le informazioni che abbiamo bisogno per affrontare la storia, anche scadendo nella ripetitività a volte.
L'andamento della storia generale poi è prevedibile, alcune soluzioni di trama le ho trovate troppo banali e altre troppo sbrigative. Tuttavia non mancano i colpi di scena, soprattutto nella seconda parte in cui i capitoli al contrario dell'inizio, sono estremamente dinamici, corti e pieni d'azione. Ma ho avuto quasi la sensazione che a volte cercasse quasi forzatamente di cercare di stupirmi prima di arrivare alla fine, che ad un certo punto si rivela scontata.
Nonostante ciò è un romanzo con un suo equilibrio secondo me, ed è stata una lettura appassionante al di là dei difetti. Sanderson ha dimostrato che non è uno scrittore prolisso, quasi tutto scritto trova spazio nella narrazione generale, ed è una qualità che apprezzo. Lo stile “acerbo” di Sanderson è ancora più asettico e piatto, preciso ma a me non stimola né emozioni né l'immaginazione. Scorre bene e velocemente ma ancora una volta, ho come la sensazione che per l'autore (nella traduzione di Gabriele Giorgi) la scrittura sia solo un mezzo (che deve essere il più semplice e scorrevole possibile) per veicolare i drammi, gli intrighi e la storia che Brandon partorisce.
I personaggi sono interessanti, quasi tutti distinti e con note peculiari. Certo, pochissimi sono stati sviluppati approfonditamente. Giusto i protagonisti e pochi altri, ma ci si affeziona presto tra alti e bassi.
Non aspettatevi quindi una lettura completamente inedita se avete letto altri libri di Sanderson, non aspettatevi un sistema magico complesso, non aspettatevi una prosa emozionante, preparatevi piuttosto a tanti intrighi, azione e colpi di scena a non finire.
Non ci sono tante parole che potrei dire per non rovinare qualcosa, posso dire che me l'ha fatta alla grande (di nuovo) la cara Agatha Christie. É solo il terzo libro che ho letto di questa autrice, ma tra Assassinio sull'Orient Express e 10 Piccoli Indiani, questo é decisamente quello che mi ha divertito di più leggere. Lo consiglio vivamente.
Se non si soffre, che piacere ci sarebbe a vivere?
Ho letto le ultime pagine di questo libro commosso, ma non condividero quelle ultime frasi che mi son rimaste impresse perché non assumerebbero lo stesso valore morale se le leggeste ora. Dostojevski ha due enormi pregi secondo me. Il primo è che è alla portata di tutti, non annoia quasi mai, la sua scrittura è veramente leggera e accessibile a tutti, i dialoghi sembrano reali e alcuni sono memorabili. Il secondo è che ha una capacità di mettere a nudo l'animo umano che non ho mai visto fare in altri libri, e non si tratta di un paio di personaggi, ma bensì di una vasta etereogenea platea di attori, e leggere di questi mi ha fatto pensare alle persone della mia vita, perché Dostojevki è anche un maestro per quanto mi riguarda, un maestro di vita. Affronta tematiche fondamentali, che tutti prima o poi ci capita di affrontare, sulla vita, sulla fede, sulla morte e la pazzia, sul dubbio e la ragione. No, non sono rimasto senza risposte, ma nemmeno dico che risolverà problemi esistenziali. Non vi lascerà nemmeno senza una storia appassionante che coinvolge tutte le passioni più irrestitbili che consumano le nostre vite. Se c'è un libro, tra tutti quelli che ho letto, che illustrano l'umanità al meglio, quello è I fratelli Karamazov. Leggetelo, non abbiate paura della mole, vi cambierà, e se non lo farà vi rimarrà impresso, o quanto meno avrete letto una bellissima storia dai personaggi memorabili.
La porta d'ingresso per l'estremo oriente...
Giulia Pompili è una giornalista de Il Foglio, e in questo libro racconta a modo suo, con fare giornalistico e spesso aneddotico, le storie e le complesse relazioni fra paesi facenti parte dell'Estremo Oriente. Lei è stata la corrispondente per la sezioni esteri per anni e riesce a spiegare una parte di mondo “lontana” e spesso poco studiata (se non per nulla) a scuola, con semplicità e leggerezza.
Non è un trattato approfondito e super documentato, ma l'intento è quello di offrire una infarinatura generale da tutti i punti di vista: quello storico tramite alcuni eventi storici salienti, quello sociale tramite cultura, fatti di cronaca e movimenti sociali e infine quello politico parlando dei dittatori, governatori, ministri e le loro vicissitudini e rapporti fra i grandi leader globali.
Il risultato è che ora ho quanto meno un'idea generale (ma vaga) di quel che accade in quella parte di mondo, molto distante dalla nostra. Da ciò deriva una certa irrequietezza per come siano fragili gli equilibri attuali, e dall'importanza che hanno questi paesi nel piano globale. È una lettura molto interessante per chi vorrebbe saperne di più su Giappone, Sud Corea e Taiwan... mentre ho sentito la mancanza di parti più estese su Nord Corea, Cina e Hong Kong (dati anche i recentissi sviluppi, questo libro è del 2020).
In generale, spesso e volentieri il libro lascia in sospeso molte domande, ed è perfettamente accettabile se lo si considera un punto di ingresso, e personalmente sono curioso di saperne di più.
Questo è un libro che parla di libri, non tanto per il contenuto, ma per l'oggetto libro. È un po' caotico, si parla del carattere Garamond, ai tempi di produzione, al funzionamento di tutta la grande “macchina” che ci permette di avere questi bei rettangoli da mettere in libreria, chi ci guadagna o come banalmente funzionano le classifiche dei libri che troviamo in fondo al giornale, piuttosto che informazioni economiche su come si apre una libreria, o quali sono i libri più rubati, insomma un guazzabuglio interessantissimo agli occhi di un lettore. Consiglio di dare un occhiata all'indice.
Ciò che mi ha colpito di più è il saggio “È una questione di cura” di Concita de Gregorio. Oltre a varie storie, come quella sulla nascita di Minimum Fax o la vita di editoriale di Chiara Valerio. Preziosissime aggiunte umane al libro.
«Andiamo a vedere questa frase, sentiamo come canta, cosa ci dice oltre le parole. Entriamoci dentro.» (dal saggio È una questione di cura)
3.5
“Il dolore è la cosa più importante dell'universo. Più grande della sopravvivenza, più grande persino della bellezza che da esso si origina. Perché senza dolore non può esserci piacere. Senza la tristezza non può esserci felicità. Senza la bruttura non può esserci bellezza. E senza questo, la vita è senza scopo, senza speranza, indegna di essere vissuta.”
Harlan Ellison è un autore singolare, eccentrico e dotato di una creatività che penso abbia pochi rivali. Tuttavia non posso dire di aver apprezzato proprio tutto della sua enorme produzione di storie brevi (non le ho lette nemmeno tutte).
Un volto dell'autore viene intravisto in diversi racconti semplici, brevi ma efficaci. Abbiamo Soldato, un viaggio nel tempo che riflette una critica contro il militarismo e il bellicismo moderno. Non ho bocca, ma devo urlare , uno dei racconti più terrificanti che abbia letto in vita mia, racconta di un futuro dove una IA ha preso il sopravvento. “Pentiti Arlecchino” è la quintessenza delle storie distopiche, vincitore di Hugo e Nebula.
L'altra faccia invece si vede in racconti più ambiziosi: viaggi onirici, trame non lineari, narrazione confusionaria, spesso incomprensibile (almeno per me). Devo dire che un po' per mancanza di pazienza e/o di impegno celebrale non son riuscito a capire (e quindi nemmeno ad apprezzare) racconti come “L'uccello di morte”, “La regione intermedia”, “Alla deriva appena al largo delle isolette di Langerhans”, “La bestia che gridava amore al cuore del mondo”, “Croaton”. Una caratteristica comune di questi racconti è l'assoluta follia.
Riassumendo, Ellison affronta vari temi nei suoi racconti, spazia dalle critiche al militarismo e alla guerra, alle critiche alla società moderna (dal punto di vista produttivo, sociale ed economico). Riflette sul tempo, il passare di esso e la memoria. Parla anche dell'amore nelle varie forme e sfumature in cui si presenta.
In conclusione, io credo che Ellison sia un autore fondamentale da recuperare, almeno i suoi racconti più famosi (anche perché non tutti sono proprio sullo stesso livello), per la sua originalità e per la potenza delle sue storie.
Segnalo qualche racconto memorabile, oltre a quelli già citati: “Dolorama”, “Jeffty ha cinque anni”, “Conta le ore che sengano il tempo”, “L'uomo che mise in banca i ricordi”, “Susan”, “Dura da scontare”, “Ma guarda, un uomo in miniatura”, “Un ragazzo e il suo cane”, “Il guaito dei cani battuti”, “Il basilisco”, “L'ombra in caccia”.
“Sono tornato a casa”
Penso che il più grande merito di Tolkien sia quello di far vivere, attraverso le sue parole, un amore per luoghi mai visti e conosciuti. La grandezza sta proprio in quelle brevi descrizioni di un paesaggio, di un sentiero o di un albero. Momenti di pura evasione inebriante, una visione celestiale. Se date il giusto tempo, e il giusto peso ad ogni parola o frase, è possibile che creerete ricordi abbastanza intensi da diventare indimenticabili. Ricordi di momenti mai avvenuti.
Viaggio sentimentale nella grande metropoli è un titolo che si adatta perfettamente al tipo di narrazione presente in questo libro. Di fatti l'autrice trasmette la sua enorme passione per Tokyo attraverso una sorta di lungo flusso di coscienza, il tutto scandito dal passare dei mesi e di conseguenza dei colori e delle usanze, filtrando a sua volta il tutto attraverso gli occhi dei suoi figli.
Nonostante questa fascinosa premessa, ho trovato la lettura meno interessante di quanto mi aspettassi, nonostante ci siano all'interno curiosità sulla cultura giapponese, e nozioni interessantissime sui luoghi della città, proprio per via di questo flusso che alterna fasi di vissuto a parti più informative. Mi sarebbe piaciuto veder approfonditi (in maniera più organica) alcuni concetti della filosofia e religione shintoista, le storie dei quartieri e la struttura della città... ma tutto sommato è un ottimo libro per avere una panoramica della vita a Tokyo nel tempo. 2,5/5
Questo romanzo ha troppi problemi, e alcuni di essi sono sicuramente dovuti al fatto che l'autrice abbia esordito con questo romanzo, ma altri sono la dimostrazione che con le giuste manovre di marketing di una grossa casa editrice come la Harper, qualsiasi scritto può diventare un bestseller (e può convincere la gente che sia la nuova pietra miliare del fantasy).
Non per togliere alcun merito all'autrice che, oltre ad avere un ottimo team di editing dietro, è una buona penna secondo me, la sua esposizione chiara e pulita mi fa dire che scrive bene. Ma i “lati positivi” secondo me finiscono qua (oltre la mia sensazione che sia una grande estimatrice dei cartoni animati).
Per parlare di questo libro parto dai punti forti che mi sono stati segnalati nelle varie recensioni (negandoli):
➤ Non è un libro originale, e l'autrice lo sa. Poppy War è essenzialmente la brutta copia de Il Gioco di Ender, ma ovviamente fatto male, prendendo un po' di elementi qui e là per creare quello che a tutti sembrerà un libro del decennio, ma che in realtà ho trovato veramente vuoto a livello contenutistico, e probabilmente questo è il maggior difetto. Perché anche se consideriamo le sue aggiunte personali sono trattate così superficialmente, che a me pare che questo romanzo sia semplicemente essere una brutta copia di.
In un suo messaggio tenta anche di confessarsi:
I think everyone writes, unconsciously or not, from the sources they loved, and this book ended up being my creative smorgasbord of ATLA, Ender's Game, The Grace of Kings, and Game of Thrones. I'm not saying THE POPPY WAR will necessarily read like those books.
La Spada di Shannara fosse solo ispirato ad Il Signore degli Anelli
Ha un worldbuilding troppo derivativo e poco credibile.
“è un fantasy quindi decido io come funziona tutto”
Durante la vita accademica, la protagonista alla veneranda età di 16 anni stressata si sente male, e durante la notte scopre di perdere sangue dalla sua vagina, al che scopriamo che sia praticamente normale avere il menarca a 16 anni, e di conseguenza una volta introdotto l'elemento; cosa ci vorrà dire l'autrice? Un bel niente, perché giusto un paragrafo dopo decide di far sparire questo elemento facendola bere una pozione magica che permette all'utero di autodistruggersi, quindi niente più ciclo. Ora mi chiedo, perché? Cioè perché hai volutamente-forzatamente introdotto il ciclo per eliminarlo dopo 3 pagine?
cottarella
proprio ti fa capire che hai letto 500 pagine di niente
“La fabbrica degli infodump (e dei cliché)”
New Adult... ovvero romanzi YA che hanno scene di violenza e trasgressione (praticamente come se avesse il bollino rosso).
potete francamente evitare tranquillamente questo romanzo
Solita ma confortante roba fantasy (?)
Leggendo questo libro ho provato la confortevole sensazione di immersione in un classico mondo fantasy.
Ci sono viaggi in territori selvaggi come foreste misteriose e deserti inospitali, inseguimenti in città diroccate, scontri con mali antichi ed esplorazioni di grandi città medievali.
I personaggi sembrano la classica squadra da D&D, composta da: spadaccino, arciere, fante, menestrello, ladro, guaritrice e maga (anche se vengono arricchiti durante la storia). Tra le fazioni vediamo streghe, cultisti, zingari, soldati, e le varie forze del male.
Non poteva nemmeno mancare l'elemento ‘collante': la predestinazione, imprescindibile in questo tipo di narrazione, che è anche qualcosa di tangibile nel mondo de La Ruota del Tempo, ed ha importanza centrale.
Se da una parte ho apprezzato la capacità descrittiva, penso che l'autore sia in generale un po' pedante nelle descrizioni e nella narrazione, che in alcune parti è ripetitiva. Addirittura ad un certo punto mi sembrava di soffrire coi personaggi, ma non perché avevo empatizzato con loro, ma perché anche io dovevo sorbirmi decine di pagine della stessa solfa per arrivare a risoluzioni scontate.
Inoltre non c'è stata una gestione equilibrata dei vari punti di vista, mi son seccato di seguire il classico protagonista ‘prescelto', a discapito della più interessante e moralmente ambigua maga. Tra l'altro, sono proprio i personaggi secondari che spiccano.
I primari sono un macello, non li ho capiti fino all'ultimo, il protagonista sembra abbozzato, gli sbavano dietro tutte ed è incapace con le donne (poverino). Mat e Perrin, i soci, ad un certo punto ‘non sono pervenuti' se non per qualche battuttaccia. Le ragazze non ne parliamo. In generale son tutti personaggi adolescenziali fatti maluccio con tratti caricaturali.
Il background narrativo, raccontato da spiegoni, è intrigante però troppo ispirato dal legendarium Tolkieniano, che non aiuta al libro di smarcarsi dallo spettro de Il Signore degli Anelli. Ma si tratta di un prologo di una storia molto lunga, perciò tutto ha ampio margine di miglioramento.
In conclusione è stata una lettura scorrevole e imaginifica. Solo a tratti coinvolgente ed emozionante, ma in generale dopo un finale sottotono, credo di essere leggermente indifferente nei confonti de l'Occhio del Mondo. (2.5)
Marte non è altro che una seconda America
Ho un altissima considerazione per quest'opera, che inizialmente mi ha destabilizzato. Nella mia ignoranza mi aspettavo una storia tendente all'hard sci-fi, mentre l'opera è focalizzata su aspetti antropologici e sociologici, a discapito dei dettagli tecnici e della coerenza. Infatti Marte non è sempre la stessa Marte nei racconti, i Marziani non son sempre gli stessi, e in realtà è tutto un semplice pretesto perché per Bradbury Marte è nient'altro che un'altra Terra. Questo è dovuto alla natura fix-up della raccolta, che tuttavia contiene un ordine cronologico che divide l'opera in parti dedicate rispettivamente a conquista, colonizzazione e declino.
Un titolo meno d'impatto, ma forse più adeguato sarebbe stato Cronache Umane (o Terrestri), perché non si manca mai di parlare dell'uomo, delle sue speranze, delle sue paure e dei suoi più intimi sogni e incubi. Una serie di racconti, non tutti dello stesso calibro, ma tutti narrati brillantemente, che hanno saputo stimolare in me riflessioni e inquietudini.
È un opera densa di idee e di critica, da rileggere e da sottolineare. Ha un respiro più ampio rispetto a Farnheit 451 e affronta temi diversi, in una cornice fantascientifica, Bradbury dipinge l'umanitá nel suo peggio.
“Ma in fin dei conti, che cos'è questa maggioranza e da chi è composta? e che cosa pensa, come fa a fare quello che fa, non cambierà mai? e io, soprattutto, come ho fatto a trovarmici in mezzo, a questa marcia maggioranza? Non mi ci trovo bene, io. Si tratta forse di claustrofobia, di paura della folla, o semplicemente di buon senso?”
“We only need to be one person. We only need to feel one existence. We don't have to do everything in order to be everything, because we are already infinite. While we are alive we always contain a future of multifarious possibility.”
Questo romanzo con un espediente narrativo magnifico, la Midnight Library, che è un luogo sospeso in un limbo tra la vita e la morte in cui, un'impersonificazione della volontà di vivere cerca di farti ricordare e capire quanto sia incredibile essere vivi.
L'autore racconta di una vita infelice, tormentata e piena di rimpianti, che con spirito di recitazione, si avventura in tante potenziali vite “what if” in cui le cose sono andate diversamente rispetto alla sua vita “principale”... Non voglio veramente anticipare nulla di quello che è una storia molto semplice, raccontata in una maniera semplice, diretta ed emozionante. Un libro sui rimpianti e sulla vita che mi ha ispirato, pieno di insegnamenti e perle di saggezza da ricordare.
Lo consiglio a tutti coloro che hanno bisogno di un po' di incoraggiamento nella vita, ma anche a chi pensa spesso a come diversamente sarebbero potute andare le cose rimpiangendo le scelte passate.